Call for Proposals: L’Antropocene. Fine, medium o sintomo dell’uomo?

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Lo Sguardo – Rivista di Filosofia
Call for Proposals

L’ANTROPOCENE. FINE, MEDIUM O SINTOMO DELL’UOMO?

N. XXII, ottobre 2016

a cura di Sara Baranzoni, Antonio Lucci, Paolo Vignola

English version


Fin dal suo esordio, il termine “Antropocene” si è presentato come un evento (Bonneuil, Fressoz), tanto nel senso di uno shock rispetto all’umanità, quanto per ciò che concerne le risposte provenienti da discipline anche molto distanti tra loro. Coniato dal Nobel per la chimica Paul Crutzen nel 2000, e indicante la supposta era geologica, successiva all’Olocene, in cui l’uomo sarebbe diventato il principale fattore di trasformazione delle condizioni ambientali terrestri, l’Antropocene ha conosciuto negli ultimi quindici anni un enorme successo anche nelle scienze sociali e in filosofia.

Se lo strato più superficiale del suo significato è direttamente connesso con il cambiamento climatico indotto dall’industrializzazione, le questioni soggiacenti riguardano infatti diversi nodi problematici su cui si è retta e continua a reggersi l’attitudine del pensiero occidentale, nonostante le scosse telluriche ricevute almeno da Nietzsche in poi: in primis l’opposizione tra natura e cultura e, come in un effetto a valanga, l’antropocentrismo, l’etnocentrismo, l’androcentrismo, il prometeismo, la razionalità illuministica, la stessa idea di telos e di storia universale nei suoi rapporti intrinseci con il Neolitico. In ultimo, ciò a cui l’Antropocene sembra chiamare, dagli scienziati naturali fino ai filosofi, agli economisti e alla politica, è la possibilità/necessità di pensare il futuro in quanto tale.

L’antropocene richiede innanzitutto di pensare, a partire dalla possibile fine della vita umana sulla terra causata dall’uomo stesso, la radicale problematicità di una teleologia della ragione, di un fine cioè essenzialmente umano inscritto all’orizzonte dell’umanità. Oltre alla inaggirabile questione relativa all’entropia, e alla sua connessione con l’industrializzazione capitalistica, ciò che probabilmente rende l’Antropocene un concetto problematico e allo stesso tempo affascinante risiede in una constatazione contraddittoria: l’antropocene svelerebbe in realtà la fallacia dell’antropocentrismo. In altre parole, nel mo mento stesso in cui si attribuisce all’uomo una regia catastrofica nei confronti della terra, ci si rende sempre più consapevoli di quanto l’umanità e la sua esistenza dipendano essenzialmente da entità non-umane, quali gli agenti atmosferici, le tecnologie, gli altri esseri viventi e lo stesso strato geologico su cui cammina. Secondariamente, a quale umanità si riferisce l’anthropos chiamato in causa come autore, non dei suoi fini, ma della propria fine? Se le cause dell’imminente catastrofe risiedono in un determinato insieme di attività umane, è evidente che non si possa indicare dietro l’anthropos l’umanità astratta e in generale “colpevole” di avvelenare la terra. Non è solo una questione di etnocentrismo, per quanto necessario correlato dell’antropocentrismo, bensì di sfruttamento e di oppressione del vivente – ragione per cui è stato anche proposto il termine Capitalocene (Moore, Haraway). È proprio tale valutazione, del resto, che permette probabilmente di sviluppare un discorso sui fini dell’uomo, ma solo per compensazione rispetto al difetto di finalità che l’anthropos mostra da sempre; compensazione, ossia costruzione di un futuro eco-logico ed eco-nomico che superi il capitalismo come rapporto sociale e geopolitico, e in cui l’essere umano e la ragione occidentale non solo non si pongano come sedicenti “soggetti”, ma risultino da un processo sempre in divenire di definizione della propria identità attraverso le loro alterità.

A ben vedere, il termine Antropocene risulta non solo problematico, bensì inconsistente per la geologia, la quale non ha ancora validato tale nozione, poiché determinare un’epoca geologica richiede metodologie specifiche, analisi letteralmente globali e su di una scala temporale diversa da quelle proposte dal team di Crutzen e dagli storici come Chakrabarty. Nelle scienze umane e sociali, tuttavia, l’Antropocene ha funzionato come un volano per lo sviluppo di nuovi filoni di ricerca, scorrendo parallelamente tanto alle declinazioni del post-umano (Marchesini, Haraway, Braidotti) quanto a quelle dell’ecologia politica (a partire da Guattari e Gorz) nonché come medium per rinsaldare il legame tra l’indagine ambientale e l’impegno socio-politico. Non solo, ma la genericità del riferimento all’anthropos, ossia all’uomo senza distinzioni, ha dato vita a una nuova ondata di riflessioni, di costruzioni e decostruzioni teoriche circa il rapporto tra natura e cultura, tra umani e non-umani, tra i generi, tra le culture e più in generale, come anticipato, riguardanti una presunta essenza o autenticità di qualcosa come “l’uomo”. Medium, dunque strumento di condivisione interdisciplinare, ma anche luogo di incontro, milieu, brodo di coltura per dare vita a ibridazioni tra prospettive socio-antropologiche (Viveiros de Castro, Latour, Avelar), filosofiche (Colebrook, Parikka, Stengers, Stiegler, Szerszynski, Hörl, Haraway, Braidotti), e storico-politiche (Chakrabarty, Jason W. Moore).

Chiaramente non mancano dissidi profondi a fare da contrappunto a tali intrecci; al di là o al di qua del secolare diverbio tra scienze hard e scienze umane, anche all’interno delle seconde le controversie sono quanto mai accese. L’Antropocene, allora, se preso sul serio, ossia teoreticamente e politicamente – connubio a cui lo stesso concetto fa essenzialmente segno – non è da intendersi solo come un semplice medium comunicativo, e nemmeno unicamente come la parola d’ordine di una pop-cultura green, bensì come il sintomo di un triplice disagio: innanzitutto, del presente occidentale, nevrotizzato dall’assenza di futuro e dall’angoscia della propria castrazione economica; della mathesis universalis a iniezione capitalista, la cui razionalità algoritmica sta desertificando le differenze singolari che compongono lo stesso anthropos; infine, dell’interdisciplinarità, poiché sebbene l’Antropocene mostri come l’uomo non possa fare a meno delle sue alterità, è ancora da concretizzarsi una radicale e strategica ecologia, in grado di rispecchiare sul piano disciplinare e politico le relazioni tra tali alterità e, dunque, un altro mondo pensabile.


LINGUE ACCETTATE:
ITALIANO, INGLESE, FRANCESE, TEDESCO, SPAGNOLO

DEADLINE PER PROPOSTE SAGGIO: 15 MAGGIO 2016

Procedura: Inviare all’indirizzo callforpapers@losguardo.net, entro la data indicata, un abstract di max 4000 battute comprendente il titolo della proposta di saggio e una descrizione dell’iter argomentativo. Le proposte saranno valutate dai curatori e dal comitato di lettori della rivista, e il risultato della selezione sarà comunicato agli autori entro il 10 giugno 2016. Le proposte accettate saranno poi ricevute dalla redazione entro una nuova deadline, comunicata agli autori con l’esito della selezione, e quindi sottoposte a doppia blind review.


Call for abstracts

Il presente numero de Lo Sguardo invita ricercatori e studiosi provenienti dai campi disciplinari della filosofia, della sociologia, della geologia, dei media studies, delle scienze culturali e da territori disciplinari affini a contribuire al numero 22/2016 della rivista seguendo tre possibili direttive:

CFA/1: Archeologie dell’Antropocene: la sezione ospiterà interventi di carattere ricostruttivo e storico-concettuale sul tema dell’Antropocene. Potranno essere sottomessi a questa sezione contributi che indaghino la storia del concetto nella geologia e nelle scienze umane, così come contributi che indaghino il concetto in un settore del sapere o disciplina specifici.

CFA/2: Nel mezzo dell’Antropocene: nella presente sezione potranno essere presentati contributi di carattere mediologico, estetico e antropologico. I contributi presentati in questa sezione dovrebbero avere carattere di ricognizione nel campo dell’estetica, della teoria dei media e della comunicazione che indichino qual è la dimensione percettiva, i media specifici e la “posizione dell’uomo nel cosmo” (Scheler) all’epoca del condizionamento umano del mondo ambientale

CFA/3: Etiche e filosofie dell’Antropocene: i paper che verranno presentati per questa sezione avranno come obiettivo l’indagine del tema dell’Antropocene dal punto di vista dell’azione e del posizionamento del soggetto nell’epoca di riferimento. E’ possibile un’etica che sia adeguata all’epoca dell’Antropocene? Come mutano le categorie e gli apriori nell’epoca suddetta? I paper che verranno presentati nel CFP3 dovranno cercare di trovare una risposta o un posizionamento rispetto al fascio di problemi che le precedenti domande individuano.

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