M. Recalcati, Ritorno a Jean-Paul Sartre. Esistenza, infanzia e desiderio, Einaudi 2021

RECENSIONI / Nicolò Galasso /

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«Ho un profondo debito con Sartre». Così inizia l’ultimo, denso, libro di Massimo Recalcati, nel quale il celebre psicanalista svolge un notevole lavoro ermeneutico intorno a colui che fu il suo punto di riferimento negli studi filosofici: Jean-Paul Sartre. Tuttavia, sarebbe riduttivo considerare questo saggio solo come una ricostruzione del pensiero sartriano, benché pregevole e stimolante. Con Ritorno a Jean-Paul Sartre, Recalcati propone una sistemazione e approfondimento di uno dei temi fondamentali della sua riflessione, ossia la singolarizzazione del desiderio, punto di incontro tra necessità e libertà, e condizione ineludibile per l’istaurazione di un rapporto genuino con il proprio passato. La ricostruzione, sviluppata nella direzione di un vero e proprio confronto, degli snodi teorici dirimenti del pensiero sartriano costituisce il fil rouge del libro, da cui si dipanano raffronti con altri pensatori, in particolare Lacan, Freud e Heidegger. Questo ritorno-confronto prende le mosse dalla nausea.

Il sentimento metafisico della nausea, descritto magistralmente nell’omonimo romanzo di Sartre, rappresenta il collasso del linguaggio, il cedimento dell’aspetto simbolico che tiene sotto controllo la riottosità del reale. L’esperienza della nausea, sottolinea Recalcati, non va confusa con quella dell’angoscia di matrice heideggeriana (Angst), giacché per il pensatore tedesco l’angoscia apre l’esserci alle proprie possibilità, al suo costitutivo poter-essere, mentre la nausea rappresenta, secondo Sartre, la fatticità insuperabile del singolo, l’orizzonte magmatico della pura esistenza. Recalcati lavora, nel primo capitolo del libro, sul romanzo di Sartre del 1938 mostrando come qui venga sviluppata una riflessione sulla fatticità che, ripresa nella fase matura del suo pensiero, permette al filosofo francese di attenuare l’enfasi posta sulla libertà dell’uomo. Rivelatesi fallaci le speculazioni metafisiche volte a trovare un fondamento inconcusso all’esistere umano, l’unica via di fuga rintracciabile nel romanzo sartriano, secondo la suggestiva lettura proposta da Recalcati, è quella estetica. Il mondo delle forme e delle immagini può forgiare nuovamente il rapporto con l’in-sé, la inarticolata esistenza delle cose, non nel senso di nascondere la durezza del reale, come invece perseguito dalla malafede degli abitanti di Bouville, bensì ricercandone il suo pieno disvelamento.

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