EDITORIALE / Giacomo Pisani, Libera Pisano /
Celebrare la rivoluzione d’Ottobre implica, in qualche modo, seguirne il filo rosso per fare i conti con le costellazioni che si sono formate in seguito a questo evento. Il suo centenario è l’occasione per raccoglierne l’eredità e interrogare, ancora una volta, la trama degli eventi storici, delle promesse e dei fallimenti del Novecento. La rivoluzione d’ottobre è un evento storico epocale, ma anche un mito collettivo che la cultura visuale ha nutrito. Se i raggi della stella della rivoluzione si sono propagati lungo tutto il secolo scorso, le sue scintille dalla Russia hanno raggiunto le lotte di liberazione anti-coloniali nelle periferie del mondo e continuano, ancora oggi, ad esercitare una forte influenza.
Il 1917 è uno spartiacque fondamentale della contemporaneità e la rivoluzione è stata la prima sfida aperta alla forma di produzione capitalistica, che ha veicolato un mutamento politico della sovranità, della struttura sociale e del rapporto di forza tra classi. La grande mobilitazione bolscevica che segna il 1917 è una storia di resistenza che ha condotto all’emancipazione delle masse contadine e dei rapporti di genere, al rifiuto dell’imperialismo guerrafondaio e alla sperimentazione di forme dirette di democrazia. E se da un lato la rivoluzione va ricollocata all’interno della storia della Russia e alla fine di un impero, dall’altro lato è utile spezzare quella linea di continuità che fa dello stalinismo il suo telos necessario.
Questo numero de Lo Sguardo si fa carico di un’esigenza profonda che è quella di ripensare la rivoluzione da un punto di vista scientifico e filosofico, facendo i conti con un’eredità difficile ma anche con un certo imbarazzo o una velata diffidenza attuale che è la misura del nostro rapporto con l’esperienza socialista, ma in particolare con il leninismo prima e lo stalinismo poi.