DISCUSSIONI / Cristian Frigerio
Nota su Abitudine e follia. Studi di storia della filosofia e della psicologia, Mimesis 2019 e La spontaneità malata. Fisiologia, patologia e alienazione mentale nel pensiero di Félix Ravaisson, ETS 2019, di Denise Vincenti
Al cuore dei due volumi recentemente pubblicati da Denise Vincenti si potrebbe porre una sorta di pragmatica dei dualismi, allo stesso tempo metodo e oggetto d’indagine: come impostare lo studio delle dualità di morale e fisico, di filosofia e medicina, di normale e patologico, senza riprodurre i problemi di quelle concezioni tradizionali che facevano consistere lo schema dualista in un legame estrinseco tra sostanze separate? Dove reperire un modello che, senza mancare di riconoscere una certa differenza assiologica tra i due termini, garantisca a ciascuno una sua dignità ontologica e il diritto a una trattazione ugualmente approfondita?
Polarizzare: trattare i due termini come poli di una scala continua e intensiva, che sfumano per gradi l’uno nell’altro rendendo impossibile il tracciamento di un limite netto, per porsi piuttosto d’un salto nel loro punto di fusione. Il percorso di Vincenti la porta inevitabilmente a questo risultato, se è vero che abitudine e follia richiedono «la collaborazione di competenze tra loro eterogenee, giacché entrambi si situano in una zona di confine e incontro, dove il fisico si unisce allo psichico e il pensiero entra in relazione con l’organico». Soprattutto, sta anche nell’elaborazione di una simile scala ontologica l’apporto che ritaglia per Ravaisson, punto focale dell’indagine di Vincenti, un posto imprescindibile nella filosofia francese del diciannovesimo secolo. L’intero modello speculativo di Ravaisson, il cui scheletro è costruito su una lettura simultanea della gerarchia aristotelica degli enti e del continuismo leibniziano, pare essere ricalcato sulla capacità di gestione dei dualismi propria al concetto di abitudine – capacità che viene fatta operare a tre livelli.
