Per un’ecologia della separazione Frédéric Neyrat sull’Antropocene

DISCUSSIONI / Sara Baranzoni /


Neyrat, La part incostructible de la Terre. Critique du géo-constructivisme

All’interno del dibattito francese sull’Antropocene, dove, diversamente dall’Italia, già tante voci si sono alternate e sovrapposte nell’interpretazione del fenomeno epistemico che tale termine ha generato, il filosofo Frédéric Neyrat si è distinto nel provare, con una serie di articoli, interviste, ed in particolare con il suo ultimo libro, a dar conto del sostrato di quello che prontamente si è imposto come l’approccio dominante. Seguendo Neyrat, scopriamo che non si tratta in realtà di un discorso unitario, quanto piuttosto di una tendenza che sembra attraversare e tenere insieme diverse linee filosofiche, economiche e scientifiche, e che egli riassume nell’appellativo comune di geo-costruttivismo. Da «ingegneri e architetti che vorrebbero trasformare la Terra in macchina pilotabile», a «biologi che credono sia meglio resuscitare specie scomparse piuttosto che proteggere quelle ancora esistenti», a «politologi che offrono ricette per una governance globale», a «businessmen che considerano i cambiamenti climatici come un nuovo mercato»; da «geografi affascinati dalla potenza dell’umanità all’epoca dell’Antropocene» a «sociologi ed antropologi che affermano l’assenza di un mondo comune e la necessità di comporne uno»; da «saggisti che promuovono il nucleare per tutti» a «profeti che annunciano la morte della natura o la nascita del transumano», «filosofi che ci invitano ad accelerare il nostro dominio tecnologico sulla società» ed «ecologisti paradossali che vantano i meriti della fratturazione idraulica e sognano la sparizione di ogni ecologia a carattere politico», questa linea sembra mal celare un certo compiacimento rispetto all’evento “materiale” dell’Antropocene, e alle delizie dello sviluppo tecnologico sregolato che ne consegue. In un crescendo polemico senza attenuazioni, Neyrat propone un’ampia traversata di tutte queste teorie, sfornando un’inchiesta filosofica dall’indole decostruttiva che egli stesso definisce “empirica”, dal momento che affronta il tema dell’Antropocene principalmente a partire dai progetti ai quali ha dato luogo, che siano teorici o d’ingegneria, biologia di sintesi, e più in generale di rifacimento della Terra, o piuttosto ecologici, ambientalisti ed eco-moderni, riuscendo sempre a smascherare la loro comune intenzione costruttivista. Per fare ciò, il suo attacco si muove con precisione su tre fronti, ossia criticando la rispettiva concezione dell’Uomo o dell’Umanità, della Natura o della Terra, e delle tecnologie, tre macro-entità il cui significato si intreccia nelle diverse Weltanschauungen prese in considerazione, arrivando così a scardinarne le rappresentazioni che articolano l’equilibrio di ciascuna in termini di soggetto, oggetto e strumento.

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