RECENSIONI / Nicolò Galasso /
La scomparsa del genere umano da questa terra è sempre stata collegata, nelle varie culture, con la fine del mondo, l’apocalisse che travolge ogni cosa per volontà di un dio. Nell’ultimo secolo l’idea dell’estinzione dell’umanità è diventata, da figura mitica, possibilità reale: piuttosto che la fine dei tempi decretata da una divinità lo sviluppo inarrestabile della società contemporanea e gli effetti sulla tenuta ambientale in termini di inquinamento e di esaurimento delle risorse, insieme con la spaventosa potenza distruttrice degli armamenti nucleari, hanno dato consistenza all’ipotesi di una fine non troppo lontana dell’homo sapiens su questa terra e forse della terra medesima. In La società dell’estinzione. Liberazione dell’essere umano da se stesso Matteo Pietropaoli ribalta provocatoriamente la narrazione dominante: l’estinzione non sarebbe un effetto indesiderato dello sviluppo delle nostre società, bensì l’ultimo stadio del processo di individualizzazione dell’uomo a cui non rimane che, una volta abbattuti tutti i limiti sociali, culturali e morali che ne reprimevano l’autonomia, distruggere se stesso e tutto ciò che lo circonda per essere finalmente e completamente libero. Per capire meglio il senso della tesi dell’Autore bisogna prendere le mosse dall’articolata analisi dell’individuo contemporaneo che viene fornita nel libro.
L’individuo odierno è orientato al consumo. Lo strumento che la società iper-moderna o post-moderna ha messo a punto per far raggiungere la felicità ai suoi membri consiste nel consumare. Il processo di individualizzazione – sostiene Pietropaoli – ossia di progressiva espressione e affermazione del sé è un processo eudemonico, che pone in secondo piano la cura del mondo naturale e di quello sociale di cui ogni individuo fa parte.