Recensione a K. Vieweg, La «logica» della libertà. Perché la filosofia del diritto di Hegel è ancora attuale, ETS 2017

RECENSIONI / Federica Pitillo /


Vieweg-HegelNel 2015 Manfred Frank denunciava sulle pagine della «Frankfurter Allgemeine Zeitung» la difficoltà di studiare filosofia classica tedesca proprio nella terra che le aveva dato i natali. L’articolo si intitolava, significativamente, Hegel wohnt hier nicht mehr, Hegel non vive più qui. Frank rilevava come, nei dipartimenti tedeschi, l’eredità dell’idealismo fosse stata soppiantata dalla filosofia analitica e suggeriva, a chi volesse studiare Kant o Hegel, di recarsi in Brasile o in Cina. Il nuovo libro di Klaus Vieweg, che insegna presso la Friedrich Schiller Universität di Jena, mostra, in controtendenza, come gli studi su Hegel siano ancora vivi in Germania. Tradotto per la prima volta in italiano da Cecilia Muratori, Tommaso Pierini, Davide De Pretto, Ugo Ugazio e Giuseppe Varnier, il volume raccoglie i testi di alcune lezioni che Vieweg ha tenuto presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Torino e si presenta come un compendio del più ampio libro dedicato alla filosofia pratica di Hegel, Das Denken der Freiheit. Hegels Grundlinien der Philosophie des Rechts (Monaco 2012), che è, ad oggi, una delle opere più rilevanti su questo tema.

Il titolo, La «logica» della libertà. Perché la filosofia del diritto di Hegel è ancora attuale, esprime le linee programmatiche del volume, la cui tesi di fondo è che si può comprendere pienamente la filosofia pratica di Hegel soltanto all’interno di un orizzonte interpretativo che ne riveli il legame intrinseco con la logica; solo a partire dalla definizione del nesso fra teoria dell’agire e categorie logiche si può misurare il tentativo di considerare i Lineamenti di filosofia del diritto dal punto di vista della loro attualità. Così, Vieweg intreccia le letture attualizzanti della filosofia del diritto hegeliana (Pippin, Siep, Honneth, Kervégan) con alcuni decisivi studi dedicati alla Scienza della logica (Fulda, ma soprattutto Dieter Henrich). È, inoltre, interessante notare come, rispetto alla tradizionale visione che contrappone le Grundlinien ai corsi di lezione o considera questi ultimi come ‘aggiunte’ al testo principale, l’A. riesca a tessere un dialogo fecondo tra le due fonti, seguendo una tendenza interpretativa in via di consolidamento.

Con occhio rivolto al presente, Vieweg traccia un percorso nei Lineamenti volto a discutere i passaggi più significativi della filosofia del diritto hegeliana, un percorso che, a causa della sua densità teorica, potrà essere restituito qui soltanto in parte. Al concetto di volontà libera come perno attorno al quale si costruisce la filosofia pratica hegeliana è dedicato il primo capitolo, che prende le mosse dai decisivi §§ 5-7, architrave logica dell’intera opera: nell’individualità come autodeterminazione dell’Io trovano il loro fondamento i momenti dell’universalità (indeterminatezza, astrazione, pura identità con sé) e della particolarità (determinazione, negatività, differenza). Secondo l’A., bisogna richiamare qui le categorie della dottrina del concetto, che rappresentano la conditio sine qua non per un’adeguata comprensione delle Grundlinien. In questo quadro, si colloca, inoltre, la discussione di alcune posizione etiche contemporanee, di cui Vieweg, sulla scorta della filosofia hegeliana, intende mostrare l’unilateralità: tanto il determinismo (il riferimento è, in particolare, alle neuroscienze) quanto il soggettivismo e il volontarismo non sono in grado di fornire una definizione adeguata della volontà libera, nella misura in cui assolutizzano, rispettivamente, il condizionamento della natura e l’arbitrio dell’uomo, dando luogo così a quelle che l’A., riprendendo Welsch, qualifica come «forme esagerate di un estremo antropocentrismo» (p. 31). Di qui deriva la necessità di distinguere «i risultati della scienza (delle scienze esatte)» dalle «interpretazioni metafisiche che ad esse si riallacciano» (p. 30).

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