EDITORIALE / Marco Carassai e Simone Guidi /
Il termine ‘catastrofe’ porta con sé, quasi non tradotte, le origini dal greco καταστροφή, che potremmo rendere con l’espressione “precipitazione degli eventi”, se sapessimo, con ciò, anche alludere al senso di un rovesciamento radicale, di una ‘situazione’ che questo lemma in sé custodisce. Kαταστροφή è, innanzitutto, parte del lessico della drammaturgia antica, dove è utilizzato per indicare un rivolgimento improvviso, l’avvenimento che mette fine alla καταστάσεις dell’azione drammatica e che conclude così la vicenda dell’eroe. Lo ribadisce, ancora nel ‘700, la voce dell’Encyclopédie a cura di Edme-François Mallet, che definisce la catastrofe come «le changement ou la révolution qui arrive à la fin de l’action d’un poëme dramatique, & qui la termine». Catastrofe, quindi, come capovolgimento che sovverte un ordine, portandone alla luce la tessitura narrativa, che offre l’improvvisa conclusione di una vicenda, l’interruzione e il crollo di una continuità; una sovversione catartica che non preclude la possibilità di un nuovo inizio.