RECENSIONI / Michele Lasala /
Croce e l’ansia di un’altra città (pref. di R. Cubeddu, Mimesis 2017) è il curioso titolo del nuovo libro di Francesco Postorino, che dopo l’interessante Carlo Antoni. Un filosofo liberista, edito da Rubbettino l’anno scorso, torna in libreria regalandoci questa volta un magnifico e articolato lavoro corale.
Le tre parti dell’opera, strettamente connesse fra loro sino a compenetrarsi vicendevolmente, ripercorrono in modo circolare un periodo della storia della filosofia italiana di grande fervore intellettuale – la prima metà del Novecento – e riaprono in modo particolare il dossier che vide il nostro più grande pensatore del secolo scorso, Croce, polemizzare con la cultura azionista di un Calogero, di un de Ruggiero, di un Bobbio e di un Capitini, ma anche di un Gobetti e di un Calamandrei.
Un polittico, quello messo in piedi dal bravo Postorino, che ci mostra, in maniera limpida e cristallina, quelli che dovevano essere i rapporti sussistenti non solo tra un filosofo e l’altro, ma anche quelli tra la riflessione filosofica e lo scenario politico dell’epoca. Traspare infatti tra le godibili pagine del libro come il turbolento clima politico di quegli anni, contrassegnato dal fascismo e dai due conflitti mondiali, oltre che dalle clandestine lotte per liberare l’Italia dalla dittatura littoria, non facesse solo da semplice sfondo alla riflessione teoretica nostrana, ma rappresentasse il terreno in cui quest’ultima si calò sino a cristallizzarsi nelle più diverse dottrine e ideologie. Ma traspare anche come la filosofia professata dai singoli autori avesse influenzato non poco le loro scelte politiche. Lo dimostra egregiamente la riflessione stessa di Croce che molto condizionò il carattere e la struttura del suo «atipico» liberalismo.
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